Perchè la copertura dei ghiacciai con i teli geotessili non è una soluzione, ma parte del problema. La Società Meteorologica Alpino-Adriatica si unisce alla lettera di Enti, Istituzioni e scienziati contro quello che sembra un ecologismo di facciata, che non agisce alla fonte del problema, ma semmai lo esalta.
il ghiacciaio del Rodano (Svizzera). Foto Matthias Huss
Il riscaldamento globale è un fatto scientificamente inconfutabile. I suoi effetti, soprattutto sui ghiacciai, sono ampiamente studiati e divulgati da anni. Per salvarli, si sente sempre più spesso parlare della copertura dei ghiacciai. È questa un’arma contro il cambiamento climatico? No, scopriamo perché!
Confronto Fotografico Ghiacciaio Presena 1916-2021: Archivio Società Alpinistica Tridentina (Natale Maculotti, Michele Ravizza)
Perché la copertura dei ghiacciai non è una soluzione, ma parte del problema.
Molti glaciologi stanno osservando con attenzione le iniziative di copertura di porzioni di ghiacciaio con teli geotessili. Da un punto di vista fisico queste pratiche funzionano: coprire un ghiacciaio lo protegge dal sole e dal calore, e non è nemmeno l'unica pratica "artificiale" per "mettere una pezza" al riscaldamento globale.
Perché allora non adottare questa pratica su larga scala? Perché non è possibile farlo per motivi pratici, ambientali ed economici.
Schizzo esplicativo delle due pratiche più in voga per "proteggere" un ghiacciaio dalla fusione estiva. A cura di Giovanni Baccolo
La maggior parte dei ghiacciai è impossibile da raggiungere con i mezzi necessari per la gestione dei teli, non dimentichiamoci poi degli effetti ambientali. Stendere un telo di plastica sui ghiacciai significa inquinare con la plastica un ambiente già di per sé estremamente fragile, impedendo il naturale funzionamento degli ecosistemi che prosperano sui ghiacciai. Bisogna poi considerare le emissioni legate alla produzione dei teli, al loro trasporto e alla stesura/rimozione con i gatti delle nevi.
Vecchie coperture geotessili ormai degradate sostituite con nuove coperture più a sinistra. il metodo "funziona" ma sconvolge la morfologia naturale di un ghiacciaio creando un innaturale scalino di ghiaccio altrimenti impossibile. notare le dimensioni del gatto delle nevi per confronto. Foto Elena Bertoni
Cosa si può fare per salvare i ghiacciai?
Per ridurre il riscaldamento globale e rallentare il ritiro dei ghiacciai sono efficaci solo quelle azioni in grado di stabilizzare il clima a livello globale: tagliare l’utilizzo dei combustibili fossili è la cosa più importante, non bruciarne per coprire i ghiacciai di plastica.
Se non sono una soluzione, perché usare i teli geotessili?
La copertura dei ghiacciai è una pratica che ha senso solo per salvaguardare le piste da sci che corrono sui ghiacciai stessi e gli interessi economici che ruotano intorno allo sfruttamento turistico dei ghiacciai. Non serve invece a salvare i ghiacciai o a contrastare il cambiamento climatico.
Vietato l'accesso. Foto Cristian Ferrari
È sbagliato?
Stanno fiorendo attività di raccolta fondi per “adottare e proteggere i ghiacciai” donando le risorse necessarie per stendere porzioni di telo geotessile su alcuni ghiacciai. Dire che si tratta di un “salvataggio” è un messaggio distorto. Stendere un telo su un ghiacciaio significa aiutare un’impresa, un interesse economico locale che ruota intorno a uno specifico ghiacciaio, non salvare i ghiacciai in senso lato e combattere il cambiamento climatico. Non sottolineare questi aspetti è scorretto, è il ben noto ecologismo di facciata altresì detto greenwashing.
Il ghiacciaio del Presena. Foto Francesca Ferrari
L'appello della comunità scientifica in breve
Al fine di rallentarne la fusione e il ritiro, sono sempre più diffusi sulle Alpi i progetti di copertura dei ghiacciai con i teli geotessili. Se da un punto di vista tecnologico questa soluzione sembra funzionare sui singoli ghiacciai coinvolti, è importante ricordare che tali pratiche non rappresentano uno strumento per combattere le conseguenze del cambiamento climatico e del riscaldamento globale.
Come studiosi che si occupano di ghiacciai e clima siamo preoccupati per l’ambigua comunicazione spesso accompagnata alla divulgazione di questi progetti. Raccontare la copertura dei ghiacciai come una soluzione agli effetti avversi del cambiamento climatico non è soltanto sbagliato, è appare come un tentativo di ecologismo di facciata, definito internazionalmente greenwashing per descrivere un intervento impattante sull’ambiente da numerosi punti di vista, come sostenibile e anzi addirittura auspicabile.
Foto Riccardo Scotti (copyright_ass.Macromicro www.sulletraccedeighiacciai.it)
Questa narrazione rischia di creare confusione e compromettere la sensibilità ambientale che con fatica si è consolidata negli ultimi anni. Considerati gli effetti negativi sull’ambiente e i costi proibitivi, coprire i ghiacciai può avere senso solo localmente per tutelare gli interessi economici legati allo sfruttamento di specifici ghiacciai. Non ha invece nulla a che vedere con il contrasto al cambiamento climatico.
Scarica qui la lettera integrale degli scienziati e glaciologi alpini
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Le firme e le adesioni al documento
--> Enti-Istituzioni
● Comitato Glaciologico Italiano
● Fondazione Montagna Sicura (Courmayeur, Aosta)
● Italian Climate Network
● Servizio Glaciologico Alto Adige
● Servizio Glaciologico Lombardo
● Società Alpinisti Tridentini
● Società Meteorologica Alpino-Adriatica
● Società Meteorologica Italiana
--> Scienziati e glaciologi
● Roberto Ambrosini, Università degli Studi di Milano
● Giovanni Baccolo, Università Milano-Bicocca
● Carlo Baroni, Università di Pisa
● Luca Bonardi, Università degli Studi di Milano
● Irene Maria Bollati, Università degli Studi di Milano
● Aldino Bondesan, Università di Padova
● Francesco Brardinoni, Università di Bologna
● Pietro Bruschi, Servizio Glaciologico Alto Adige
● Francois Burgay, Paul Scherrer Institut (Svizzera)
● Alberto Carton, Università di Padova
● Daniele Cat Berro, Società Meteorologica Italiana
● Marta Chiarle, CNR-IRPI
● Nicola Colombo, Istituto di Ricerca sulle Acque-CNR
● Renato R. Colucci, Istituto di Scienze Polari-CNR
● Philip Deline, Université Savoie Mont Blanc (Francia)
● Biagio Di Mauro, Istituto di Scienze Polari-CNR
● Matteo Fioletti, ARPA Lombardia
● Massimo Frezzotti, Università Roma Tre
● Jacopo Gabrieli, Istituto di Scienze Polari-CNR
● Antonio Galluccio, Servizio Glaciologico Lombardo
● Serena Giacomin, Italian Climate Network
● Marco Giardino, Università degli Studi di Torino
● Susanna Grasso, ARPA Lombardia
● Matthias Huss, Politecnico di Zurigo (Svizzera)
● Giovanni Kappenberger, glaciologo (ex MeteoSvizzera)
● Valter Maggi, Università Milano-Bicocca
● Luca Mercalli, Presidente Società Meteorologica Italiana
● Umberto Morra di Cella, ARPA Valle d’Aosta
● Giovanni Mortara, CNR-IRPI
● Guido Nigrelli, CNR-IRPI
● Matteo Oreggioni, Servizio Glaciologico Lombardo
● Elisa Palazzi, Università di Torino
● Giovanni Prandi, Servizio Glaciologico Lombardo
● Maria Cristina Salvatore, Università di Pisa
● Riccardo Scotti, Servizio Glaciologico Lombardo
● Franco Secchieri, Servizio Glaciologico Alto Adige
● Roberto Seppi, Università di Pavia
● Mauro Varotto, Università di Padova
● Cristina Viani, Università degli Studi di Torino
● Fabio Villa, Servizio Glaciologico Lombardo
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